EDITORIA E LEGGE
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lunedì, 03 Lug 2017
TEMPO DI LIBRI: CARI “C’ERO PRIMA IO”, RICORDATEVI L’EPILOGO DEL BRUTTO ANATROCCOLO’…
editoria, Eventi di settore 2262 0
Sono fra quelli che ha salutato con favore l’avvento di Tempo di Libri, la Fiera del Libro milanese che, come il brutto anatroccolo di Andersen, è oggetto di critiche e polemiche da quando è nata.
Anzitutto ritengo che Milano, innegabile capitale dell’editoria, dovesse avere una polo fieristico proprio e non capisco davvero lo degno di lesa maestà con cui Torino l’ha salutato. Certo, la concorrenza non fa mai piacere e lo comprendo, ma osservo da un lato che, grazie a Dio, nessuno ha il copyright sulle fiere del libro e dall’altro, che Torino, fino a quando questa concorrenza non si è profilata all’orizzonte, si era seduta molto sugli allori negli ultimi anni. Svariati editori mi hanno palesato problemi organizzativi, scarsa pubblicità/visibilità per i piccoli, costi degli stand che le vendite in loco non coprivano lontanamente, massiccia presenza di EAP (che invece a TdL era molto ridotta e questo mi ha fatto molto piacere). Quindi, se adesso piange sul latte versato, non cerchi altrove mancanze che le hanno fatto perdere attrattiva (a prescindere dal fatto se quelli evidenziati fossero disagi effettivi o percepiti dagli editori, che in questo caso non rileva).
E’ innegabile che la prima edizione di TdL non potesse competere comunque con la fiera torinese, per gli stessi intuibili motivi per cui nessuno può competere subito alla pari quando parte 30 anni dopo. E del resto qualsiasi imprenditore mette sempre in conto 2/3 anni in perdita quando avvia un’attività, è nella normalità delle cose.
Di certo poi Tempo di Libri, oltre a subire i calcioni di chi è già una realtà radicata, si è tirata varie zappe sui piedi da sola, a cominciare dall’infelicissima scelta delle date, incastrate fra la Pasqua e il 25 aprile e quindi con un mare di editori e potenziali visitatori in vacanza.
Anche la scelta della location, quella insulsa cattedrale nel deserto che è la Fiera di Rho, non ha aiutato.
E queste sono condivisibili considerazioni che ha fatto un po’ chiunque.
Di mio ci aggiungo che la pubblicità degli eventi doveva essere più capillare a livello di segnaletica in loco, che la distribuzione dei padiglioni poteva essere più organica e che anche ai piccoli editori avrebbe dovuto essere riservato uno spazio lontano dagli stand per le loro presentazioni. Non era raro, invece, trovare un misero angolino con 4 sedie, in mezzo al viavai distratto dei visitatori che manco erano posti in grado di capire di che evento di trattasse.
Tuttavia, anche con questi fattori contrari, l’affluenza non è stata malaccio per una prima edizione, l’offerta eventi era piuttosto variegata e ho apprezzato molto il settore dedicato allo scambio diritti, un punto di forza che ho visto lavorare magnificamente e da cui specialmente una fiera nella capitale dell’editoria non può assolutamente prescindere se vuole ambire a diventare, come spero e auspico, autorevole come Francoforte o Londra.
Fortunatamente, TdL pare voler porre rimedio ai primi due errori e perciò ha annunciato che l’edizione 2018 sarà al Portello, e quindi all’interno del tessuto cittadino, e che le date saranno dall’8 all 11 marzo.
La manifestazione è però ancora alla ricerca di una formula caratterizzante. Il tentativo, qualche settimana fa, di invitare al suo interno Bookpride (manifestazione che ho altresì salutato con favore alla nascita, sia perché gli editori indipendenti avevano poca visibilità, sia perché sono comunque favorevole a qualsiasi ampliamento degli eventi librari in generale, anche se per i miei gusti Bookpride ha una fastidiossissima percentuale di EAP che non gradisco) mi è parsa una mossa maldestra, visto che non solo non avrebbe caratterizzato TdL, ma avrebbe fatto perdere il carattere distintivo alla stessa Bookpride. Sarebbe stata, per usare il linguaggio dei guru del marketing, una pericolosa ‘estensione di linea’, oltretutto quando il brand principale di TdL è ancora da consolidare. Bookpride l’ha subito capito e ha, giustamente secondo me, rifiutato, anche se magari un semplice “no grazie” con relative motivazioni sarebbe bastato, mentre ho trovato davvero inutile il contorno di altezzoso sdegno con cui il tutto è stato condito.
Sdegno che si è poi ulteriormente esteso a seguito della successiva decisione di TdL di fissare le proprie date due settimane prima di Bookpride. Quest’ultima ha infatti rilasciato un comunicato in cui dichiara che trattasi di un chiaro atto di guerra che tenta di cancellare la manifestazione degli indipendenti.
Francamente queste polemiche che ogni tanto avvampano nell’editoria fanno un po’ ridere e mi ricordano le faide fra Don Camillo e Peppone. Non credo che ci guadagni nessuna delle parti in causa e l’immagine di ritorno è quella di un provincialismo da anni Cinquanta che non si è accorto dello scattare del nuovo secolo.
Ho visto il comunicato via Twitter e, nel limite dei 140 caratteri ivi concessi, ho cinguettato la mia obiezione che, più estensivamente, spiegherò qui. Mi duole dire però che l’account di Bookpride non ha ritenuto di rispondere alla critica…
Osservo allora, anzitutto, che nessuno ha il monopolio del calendario gregoriano e quindi ognuno è libero di fare, a marzo, anche altre 157 fiere del libro. E del resto gennaio e febbraio sono mesi che a causa del maltempo possono impedire gli spostamenti; aprile ospita spesso Pasqua e ponti più o meno estesi fra Festa della Liberazione e la contiguissima Festa dei Lavoratori; giugno luglio e agosto sono mesi troppo caldi e in cui la mente (e il portafogli) della gente è comunque già rivolta alle vacanze; a settembre la gente torna ma è senza una lira, a ottobre il pericolo maltempo torna a occhieggiare, così come a novembre quando comunque c’è Bookcity e quindi sarebbe inutile fare la fiera; dicembre è offlimits per il Natale e quindi cosa rimane di mesi utili? Marzo, appunto, o maggio. Personalmente avrei scelto quest’ultimo, clima perfetto, Bookpride e Bologna già terminate da un po’, pubblico ancora attento e disposto a spendere. Ma da qui a dedurre che si sia privilegiato marzo per infastidire Bookpride, mi sembra davvero risibile. Può anche darsi poi che a maggio il Portello non avesse posto disponibile, c’è anche questa evenienza.
La chiave sta comunque non nelle distanze temporali, ma nel sapersi differenziare e in ogni caso gli intenti di partenza delle due manifestazioni sono profondamente diversi: Bookpride voleva portare all’attenzione del pubblico la (encomiabile, quando non si tratta di EAP) opera degli indipendenti, mentre TdL ambisce a un disegno più ampio, quello di diventare la Fiera del Libro per ragazzi di Bologna in chiave mainstream. Non posso che tifare per entrambe, ma auspico anche un atteggiamento più maturo fra le due organizzazioni e, perché no, anche un qualche tipo di collaborazione, visto che fra esse intercorre quello che noi giuristi chiamiamo un rapporto di ‘genus a specie’ (così come fra TdL e Bologna) e quindi sono convinta che TdL possa offrire agli indipendenti e/o alle fiere di genere delle finestre che permettono di prolungare le rispettive eco. Basta indagare con attenzione.
L’anno scorso la ‘chiave di lettura’ di tempo di libri erano stati temi in ordine alfabetico. Secondo me, troppi, e oltretutto troppo slegati fra loro.
Personalmente, seguirei una strada più semplice, sfruttando il criterio merceologico di qualsiasi libreria: raggruppamento tematico dei padiglioni secondo i vari generi, almeno per gli editori specializzati, (dunque giallo, rosa, mainstream, fantastico, saggistica e manualistica etc.). Magari – perché no – distinguendoli anche attraverso l’uso dei vari colori (i primi due intuitivi, per gli altri basta un po’ di fantasia) e di un simbolo stilizzato per ciascuno (potrebbe essere lo spunto per un bel concorso rivolto agli illustratori).
Per i grossi marchi che hanno di tutto un po’ si potrebbe pensare a un padiglione ad hoc ma, all’interno di ciascuno stand, organizzando l’offerta libraria secondo lo stesso codice tema-colore.
Per quanto riguarda gli eventi a corollario, anche qui manterrei il raggruppamento tematico, aggiungendovi un ‘ombrello’, per così dire, sotto cui inserire gli eventi dedicati alla filiera del libro e ai suoi vari stadi e quindi via libera ad agenti letterari, foreign rights manager, editori, autori con storie editoriali particolari alle spalle, distributori, librai, illustratori, ghost writer, traduttori, giornalisti, blogger, videoblogger, social influencer, addetti stampa e, perché no, anche noi poveri legali che navighiamo fra le pieghe del diritto editoriale ogni giorno.
Questo ‘ombrello’ fa capolino solo molto limitatamente alle altre fiere e a Bookcity, e comunque senza la ricchezza e profondità che meriterebbero, mentre TdL sarebbe la sua sede di elezione naturale. Sono infatti del parere che troppi autori in primis, ma anche tanti esponenti delle singole figure che ho elencato, sappiano molto poco gli uni degli altri, mentre si tratta di un know how imprescindibile per chiunque voglia fare questo lavoro a livello professionale e non semplicemente amatoriale.
Insomma, a differenza di moltissimi, io credo che TdL abbia un grande potenziale, così come l’ho creduto per Bookcity, la quale benché migliorabile, sta diventando effettivamente un happening imprescindibile all’ombra della ‘bela Madunina’.
Piccoli anatroccoli crescono, in attesa di diventare splendidi cigni fiabeschi.