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Home » editoria » ANCORA SUGLI ‘EDITORI CHE PAGANO’
lunedì, 27 Gen 2014

ANCORA SUGLI ‘EDITORI CHE PAGANO’

Post by on editoria 2727 0

A seguito del mio post di ieri, il sito Bibliocartina ha gentilmente segnalato il mio intervento sulla propria pagina FB, aggiungendo le proprie osservazioni in merito e sollevando alcune obiezioni.

Leggendole, mi sembra che in alcuni punti ci siano, però, dei malintesi e, visto che il dibattito è interessante, vale la pena di approfondire con un altro post.

Bibliocartina mi ‘taccia’ anzitutto di ottimismo In realtà, per natura sono tutt’altro che ottimista, tuttavia ho visto troppi casi in cui la Rete ha cambiato cose che, prima del suo avvento, sembravano graniticamente immutabili. E quindi non mi stupirei più di nulla.

Quanto al potere contrattuale dei traduttori, non è un punto che ho toccato nel mio post precedente, ma può darsi che qualche suo passo sia risultato di ambigua interpretazione e sia stato dunque letto in questa chiave. Tuttavia, visto che il problema emerge ora in sede di dibattito, voglio ricordare che le unioni fra lavoratori non hanno mai nuociuto, anzi . Quindi può anche darsi che questa coalizione sortisca effetti inattesi. In ogni caso, personalmente raccomando sempre ai singoli clienti, come regola generale, di provare a negoziare i termini, anche coi colossi: alla peggio si riceve un “no” e si torna al punto di partenza; ma a volte ci si può sorprendere ottenendo davvero dei miglioramenti. L’ho visto succedere relativamente spesso e allora il motto è “tentare non nuoce”. Così come, specularmente, una volta che qualche frittata è fatta, consiglio sempre di non rinunciare ai propri diritti senza provare prima a dare battaglia.

Quanto al potere di boicottaggio dei lettori, il boicottaggio è tradizionalmente l’arma più potente – e anche l’unica – in mano al consumatore e il fatto che i lettori siano “4 gatti”, come osserva Bilbliocartina, secondo me ne aumentala pericolosità, perché persi quelli non ci si può rivolgere altrove per rimpiazzarli e il recente caso Amazon citato nel mio post precedente dimostra l’esistenza di questa consapevolezza.

Quindi la reputazione del brand è un valore fondamentale e anche se è un concetto che viene curato più in USA, anche le aziende italiane cominciano finalmente a capirlo. E cominciano a capirlo proprio perché, con la Rete, è cambiata la rapidità, la capillarità e la capacità di penetrazione dell’informazione. Di conseguenza, chi non vuole soccombere deve adeguare anche il modo di interfacciarsi con ‘il popolo della Rete’.

Lo stesso vale, a cascata, su tutti gli anelli della filiera editoriale, perché ho clienti fra i piccoli editori e so che non è giusto colpevolizzare solamente le case editrici, in quanto a loro volta non vengono saldate tempestivamente da distributori e librerie e quindi si verifica un effetto domino per cui “tu non paghi me e io non posso pagare lui”. Pertanto, so che molte delle insolvenze non sono imputabili a cattiva fede, ma sono causate dallo stato di necessità. Tuttavia è anche giusto che, se si commissiona un lavoro, si facciano i conti con quello che si ha effettivamente in cassa e non con le previsioni di incasso, proprio per rispetto nei confronti dei propri collaboratori.

Ancora: Bibliocartina scrive che

“questo blog [si riferisce al blog ‘Editori che pagano’, non al mio – NdR] insinua che forse chissà quella casa editrice non paga, non essendo presente”.

Onestamente, io ho avuto proprio la percezione opposta perché, anzi, il blog precisa chiaramente:

“Ricordiamo che non tutti gli editori assenti sono morosi; in alcuni casi, semplicemente, nessuno dei traduttori, scrittori, redattori presenti nell’elenco ci ha lavorato di recente”.

L’accusa, se mai, è rivolta  paradossalmente agli editori indicati come solventi. Il blog precisa infatti:

“Non tutti gli editori presenti sono solventi con tutti. Non tutti gli editori sempre solventi pagano tariffe adeguate (qui c’è anche il problema di chi accetta tariffe non adeguate, ma si aprirebbe un altro capitolo enorme che va affrontato seriamente)”.

Quanto alla reclamata riservatezza della transazione, osservo anzitutto che i post sono molto generici e non rivelano dati sensibili. Ma a parte questo, se io fossi un editore sarei contenta di vedere dichiarato pubblicamente che sono una realtà professionale che tiene fede alle obbligazioni assunte. Né vedo mancanza di professionismo in chi lo proclama, perché a questa stregua le recommendations su Linkedin sarebbero tutte da cassare, mentre sono molto gradite dai professionisti che le ricevono. Come avvocato, se un cliente segnala che è rimasto soddisfatto dal mio servizio, non posso che rallegrarmene. Si potrà obiettare che un cliente è diverso da un fornitore, ma personalmente ritengo sia una distinzione oziosa: se un ex collaboratore di un professionista postasse che il suo ex datore di lavoro è una persona per bene, la soddisfazione sarebbe la stessa, anche se la segnalazione del primo tipo può essere foriera di nuovi clienti e la seconda no.

Come si nota, dunque, è solo questione di prospettiva: laddove Bibliocartina ravvisa la decadenza, personalmente io vi leggo l’emergere di una valorizzazione del rapporto umano in ambito lavorativo e della consapevolezza che l’etica è un valore aggiunto che andrà reclamato sempre più a gran voce, soprattutto di questi tempi in cui c’è, al contrario, la rincorsa al ribasso dei costi a discapito della qualità. Una politica suicida e stupida, perché giunti al costo zero cosa ci si dovrà inventare? Pagare i clienti perché usufruiscano di prodotti e servizi? E quanto ai dipendenti e ai lavoratori autonomi, vogliamo davvero raggiungere i livelli che il grandissimo Bruno Bozzetto immaginava nell’indimenticabile cartone ‘ VIP, mio fratello superuomo’?

Bozzetto, all’epoca, credeva ahimé di ironizzare semplicemente, mentre ormai la realtà odierna, anche nei Paesi cosiddetti civili,  sta andando pericolosamente vicina a questi parametri. Ed è giusto e sacrosanto gridare contro  un tale modello con tutti i mezzi leciti a disposizione. O perlomeno provarci, come nel caso della discussione contrattuale cui facevo riferimento sopra. Dopotutto la Storia insegna che sono sempre stati  i visionari controcorrente  quelli che hanno sempre cambiato le cose. Quindi ben venga un po’ di inventiva, ben vengano le iniziative insolite. Anche perché il panorama editoriale italiano, che è rimasto a logiche da anni ’70, va svecchiato e portato nel Terzo Millennio e anche qualche piccolo shock di questo tipo può contribuire a farlo.

Sotto questo profilo, forse, chissà, a Bibliocartina va data ragione almeno su un punto: vuoi vedere che sono diventata davvero ottimista?

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