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Home » marchi » LA LINGUACCIA DEGLI STONES CONTESA DALLA MODA
lunedì, 04 Nov 2013

LA LINGUACCIA DEGLI STONES CONTESA DALLA MODA

Post by on marchi, Musica 3572 0

linguacciaI Rolling Stones hanno recentemente citato in giudizio una casa di abbigliamento tedesca, la New Yorker Fashion, perché questa ha utilizzato su dei manifesti, per una propria campagna promozionale di sconti, un’icona molto somigliante alla celeberrima linguaccia che da decenni contraddistingue la band.

 

La linguaccia degli Stones fu concepita negli anni ’70 dal grafico John Pasche per decorare la copertina interna dell’album Sticky Fingers. L’artista fu pagato 50 sterline,  ma un paio di anni dopo fu gratificato di altre 200, visto il successo che  l’immagine aveva registrato. Dal canto suo, la band ci guadagnò sopra dei milioni attraverso il merchandise. Tuttavia Pasche si rifece un pochino nel 2006, vendendo l‘artwork originale per 400mila sterline.

 

Ora la richiesta economica dei musicisti nei confronti della New Yorker è di ben 210mila sterline, più la richiesta di condanna a una multa di altre 17mila.

 

Dal canto suo, la casa di abbigliamento ha replicato che quel disegno non può essere esclusiva della band, visto che si compone di comuni organi del corpo umano.  L’obiezione è di per sé corretta, ma bisogna tenere in considerazioni moti altri fattori. Anzi tutto c’è da dire che un po’ di malizia da parte dei Tedeschi è stata usata ed è proprio questa che darà agli Stones un primo, solido appiglio. Se infatti la New Yorker avesse adottato una linguaccia tipo questa che riproduco qua a destra,  (fra i molti esempi che si potrebbero trovare in Rete), nessuno avrebbe avuto da dire  alcunché, o se anche l’avesse fatto avrebbe avuto la peggio, perché questa immagine non ricorda nulla della celebre linguaccia della band.

 

Se invece esaminiamo in dettaglio quella effettivamente adottata dalla New Yorker, che vi riproduco qui a destra, possiamo osservare che le uniche modifiche apportate, rispetto alla sua celebre antesignana rock,  sono la direzione dell’immagine (la boccaccia è rivolta a rolling-2sinistra anziché a destra come quella degli Stones), i denti sono più fitti, molti dei colori usati sono diversi e, infine, sulle labbra non compare l’effetto lucido. Tuttavia queste modifiche sono minime e l’insieme ricorda ancora troppo da vicino l’icona del gruppo britannico.

 

Se davvero non ci fosse stata malizia, si sarebbe potuta rendere la bocca meno carnosa, si sarebbero potuti disegnare gli angoli in modo che risultassero meno appuntiti, il disegno avrebbe potuto essere presentato frontalmente anziché di tre quarti… In questo modo, invece, è ancora possibile ravvisare una prossimità fra le due immagini, abbastanza perché la New Yorker possa venire accusata, se non di violazione del marchio, comunque di concorrenza sleale per agganciamento. Al consumatore potrebbe infatti sembrare una semplice versione alternativa della solita linguaccia, magari temporanea perché ideata solo per una parti colare ricorrenza nella carriera degli Stones e magari per uno stock di merchandise limitato.

 

In parole povere, potrebbe essere indotta a pensare che l’icona provenga comunque dal gruppo e che sia in qualche modo connessa a quest’ultimo, tanto più che il settore della New Yorker è l’abbigliamento e la linguaccia degli Stones compare spessissimo e tipicamente su T-shirt. Dunque, su un articolo che rientra pienamente nel settore merceologico della concorrente e che si può trovare, oltre che nei negozi di dischi, anche in negozi di abbigliamento  dove la New Yorker tipicamente smercia i suoi prodotti.

 

Ma non solo: l’icona è registrata da tempo, sia in UK che in USA, in ben 4 classi di prodotti della Convenzione di Nizza: la 9 (prodotti acustici e video), la 16 (articoli di cancelleria), la 26 (toppe sagomate) e, infine, purtroppo per la New Yorker, la 25 (abbigliamento).

 

Non parliamo poi dell’uso paurosamente estensivo e prolungato che la band può contare a suo ulteriore vantaggio.

 

Sommando tutto, ce n’è quindi d’avanzo per tenere solidamente in piedi la tesi della concorrenza sleale per agganciamento e sarà interessante esaminare le valutazioni del giudice chiamato a grattare questa ‘rogna’.

 

Ciascuna delle due parti, intanto, appare granitica nel proprio atteggiamento. Un portavoce degli Stones ha infatti dichiarato al Sun:

 

“Come ogni grossa band o grosso marchio, saremo ferocemente protettivi verso le nostre proprietà commerciali, che siano canzoni, concerti o loghi. Se non ne combattessimo l’uso improprio, verrebbe a instaurarsi un pericoloso precedente”.

 

Dal canto suo Fritz Knapp, amministratore delegato della New Yorker, replica:

 

“La lingua non è solo degli Stones. I poster [della vendita promozionale – NdR] sono stati realizzati dal nostro dipartimento creativo. Non permetterò agli Stones di bandire la ‘mia’ lingua”.

 

E allora, che la battaglia legale abbia inizio!

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