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Home » Associazioni » INTERVISTA A ‘STradE’, SINDACATO TRADUTTORI EDITORIALI
mercoledì, 15 Mag 2019

INTERVISTA A ‘STradE’, SINDACATO TRADUTTORI EDITORIALI

Post by on Associazioni, editoria 2651 0

Ho invitato nel ‘salotto’ di questo blog alcuni dei traduttori che animano il relativo sindacato nazionale (STradE), per rivolgere loro qualche domanda utile per chi si affaccia a questo mestiere difficilissimo, delicatissimo e purtroppo, nonostante ciò, assai mal pagato.

 

Ecco dunque le domande che ho rivolto a Elisa Comito, Alice Casarini ed Eva Valvo e le loro risposte, anticipate dalla premessa che mi hanno chiesto di inserire come cappello all’intervista.

Buona lettura!

   

Ringraziamo Marina Lenti per aver invitato STradE sul suo sito a parlare di traduzione editoriale e problemi dei traduttori e apriamo con una doverosa premessa: gli argomenti trattati in questa intervista sono questioni estremamente complesse e articolate, impossibili da riassumere in pillole. Cercheremo dunque di dare qualche spunto iniziale, invitando i lettori ad approfondire le tematiche visitando il nostro sito  o consultando il nostro vademecum legale e fiscale.

 

La prima domanda è su una questione fondamentale: come impostazione di fondo, è preferibile convogliare fedelmente al lettore della lingua di destinazione lo spirito e le intenzioni della lingua originaria, oppure è meglio adattare la traduzione, nel rispetto del diritto d’autore, al linguaggio e alla cultura del lettore di destinazione?

Ovviamente in generale è valida solo la prima scelta in quanto la traduzione implica il trasporre l’opera dell’autore nella lingua di destinazione per dare modo ai lettori di conoscerla nella sua interezza e originalità, non certo nell’adattarla. Esistono però tipologie di testo per cui possono rendersi necessari adattamenti, magari nel caso di culture non comprensibili per il pubblico di arrivo (può capitare per esempio in testi per giovani lettori o nel doppiaggio, la cui fruizione richiede una comprensione immediata); in tali casi occorre concordare le modifiche con il committente (che a sua volta contatterà l’autore o l’editore originario).

 

Qual è la lingua più richiesta dagli editori italiani, di questi tempi?

Se si intende la lingua da cui si traduce di più, banalmente è sempre l’inglese. Occorrerebbe però considerare il rapporto fra mole di testi importati per ciascuna lingua e pool di traduttori da quella lingua: chi traduce da lingue meno richieste, in genere ha anche una concorrenza minore.

 

E l’italiano? C’è richiesta da parte delle CE estere o siamo destinati a veder estinguere, nel settore, la nostra bellissima lingua?

Secondo il rapporto AIE 2018, “nel 2017 le case editrici italiane hanno venduto all’estero complessivamente 7.230 diritti di edizione ai loro colleghi stranieri e hanno comprato diritti per 9.290 titoli. Rispetto al 2016 si assiste a una crescita del 10,1% nelle vendite all’estero e a un calo del 2,5% nell’acquisto. In un settore come questo, è sugli andamenti di medio-lungo periodo che si possono però apprezzare meglio le trasformazioni del settore che attengono alle dinamiche di internazionalizzazione, e autoriali. Le vendite di diritti all’estero hanno avuto una crescita media annua dal 2001 del +18,9%. L’acquisto di diritti di edizione a sua volta fa segnare un più modesto +4,5%. La vendita dei diritti si conferma come asset fondamentale per lo sviluppo dell’editoria italiana.” Ciò che semmai risulta più preoccupante è la progressiva e costante diminuzione delle opere in traduzione pubblicate in Italia: una letteratura (e una società) che ignori ciò che si legge e si scrive nel resto del mondo non può che essere più povera.

 

Alcuni autori italiani ingaggiano traduttori madrelingua per provare a sottoporre i propri lavori nei Paesi anglofoni o nei Paesi latini. Esiste anche il caso inverso?

Sì, specialmente nel caso di autori che ritengono che la loro opera possa avere particolare successo sul mercato italiano, per argomento o per contesto culturale. Certo, il grosso del lavoro di “import-export” viene fatto dagli editor e dagli agenti, ma si diffonde sempre di più anche la figura del traduttore-scout che, come un vero ambasciatore letterario, legge, propone e traduce le opere che ritiene più interessanti. Questo accade soprattutto per combinazioni linguistiche di minor diffusione, anche grazie al sostegno delle fondazioni estere per la traduzione, che non di rado offrono un riconoscimento economico anche a questo tipo di lavoro.

 

Attualmente vengono maggiormente tradotte la narrativa, la saggistica, le biografie o la manualistica?

La narrativa e le pubblicazioni per bambini e ragazzi si confermano settori di punta tanto per i titoli tradotti quanto per quelli italiani.

 

Con quali tempistiche vi viene imposto di lavorare, oggigiorno?

Le tempistiche sono molto varie (cambiano, ovviamente, in funzione delle dimensioni del testo), ma tendono ad essere sempre risicate.

 

Il tasto dolente della congruità delle remunerazioni: ci fate una fotografia della situazione italiana?

Non è una domanda a cui si possa rispondere in due righe, fermo restando che è notorio che le remunerazioni non sono congrue per tanti motivi che da anni andiamo esponendo e che si comprendono facilmente visitando il nostro sito e leggendo il nostro vademecum. Il lavoro del traduttore editoriale richiede competenze altissime, un costante aggiornamento e una grande dedizione, a dispetto dei compensi, che non sono per nulla adeguati all’impegno richiesto, al punto che molti traduttori editoriali sono costretti a svolgere un’altra occupazione per vivere.

 

All’estero è migliore?

Nei paesi avanzati dell’Europa occidentale mediamente sì, e di molto, ma anche questa non è una domanda cui si possa rispondere in poche righe; si possono trovare molte informazioni sul sito del CEATL, il Consiglio europeo delle associazioni di traduttori editoriali. Anche la presenza di fondazioni per il sostegno di fondazioni pubbliche che promuovono la letteratura e la traduzione senz’altro incide positivamente sulle condizioni lavorative degli autori in generale, siano essi scrittori, traduttori o illustratori. Strade porta avanti da anni una campagna (http://www.traduttoristrade.it/2017/strade-rilancia-la-proposta-di-un-fondo-a-sostegno-della-traduzione-editoriale/) perché anche l’Italia si metta alla pari con gli altri paesi, dotandosi di un fondo per la traduzione, ma la strada da fare è ancora lunga.

 

A parte il diffuso problema dei ritardati pagamenti, quali sono i problemi legali in cui un traduttore italiano si imbatte più frequentemente nel corso della propria carriera?

Ad esempio il mancato rispetto e lo “spossessamento” dei diritti sanciti dalla legge per mezzo di contratti iniqui, non conformi alla normativa, e l’inadempienza delle clausole contrattuali in generale (non solo quelle sui pagamenti); sono tutte situazioni che portano all’impoverimento del traduttore. Ma anche questo è un discorso complesso, che trattiamo nel vademecum e su cui prestiamo assistenza ai singoli tramite il nostro servizio di consulenza contrattuale.

 

Link utili:

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