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Home » diritto d'autore » LA GUERRA DELL’ANELLO: QUALI LEZIONI GIURIDICHE DALLA QUERELLE FRA I DUE TRADUTTORI ITALIANI DEL CAPOLAVORO DI TOLKIEN?
venerdì, 24 Gen 2020

LA GUERRA DELL’ANELLO: QUALI LEZIONI GIURIDICHE DALLA QUERELLE FRA I DUE TRADUTTORI ITALIANI DEL CAPOLAVORO DI TOLKIEN?

Post by on diritto d'autore, editoria, Libri 2788 0

In questo articolo vorrei spendere qualche parola sui risvolti giuridici della querelle che infiamma il mondo tolkieniano, perché quest’ultimo, sinora, si è concentrato sui contenuti delle due traduzioni, ma nessuno ha guardato la vicenda da una prospettiva legale. E allora, quale migliore spunto per questo blog?



Per chi non lo sapesse, l’antefatto: nel corso degli anni la casa editrice Bompiani aveva rilevato da Rusconi, che a sua volta aveva rilevato da Ubaldini, i diritti d’autore sulla prima traduzione italiana del Signore degli Anelli. Questa traduzione era stata redatta dalla principessa Vittoria Alliata di Villafranca e Valguarnera all’età di appena 16 anni.

I diritti su questa traduzione sono scaduti nel 2018. Nonostante ciò, la traduzione ha continuato a essere venduta. Ciò, a dire della direttrice di Bompiani, Beatrice Masini, per una ‘svista’, come ebbe a dichiarare al Giornale in questa lettera aperta.



Inizio con l’osservare che non solo è non è ammissibile che un editore incorra in una tale ‘svista’ , ma ancor più non lo è quando si tratta di un editore importante come Bompiani e una direttrice come la Masini, che è anche scrittrice e traduttrice (sue le ultime cinque traduzioni della edizione originaria di Harry Potter, prima del rifacimento di Bartezzaghi) e che quindi ci si aspetterebbe essere molto sensibile alle rivendicazioni della categoria cui anche lei, dopotutto, appartiene.

Personalmente ho avuto modo di verificare che queste ‘sviste’ accadono un po’ troppo spesso: solo l’anno scorso ne ho trattate tre, con tre editori differenti. Non è accettabile.

Faccio dunque presente alle case editrici che dovessero leggere questo post che continuare a vendere un’Opera i cui diritti siano scaduti costituisce una violazione dei diritti di sfruttamento patrimoniali dell’autore di cui si risponde civilmente e penalmente. Ecco perché di solito, nei contratti, si trova la clausola che li autorizza a continuare a vendere gli esemplari per un tot di mesi (generalmente 6 o 12), quando non addirittura fino l’esaurimento delle scorte in magazzino.



Ma ritorniamo all’antefatto: la Masini prosegue, nella sua lettera aperta, spiegando che, appena accortisi poi della scadenza, sono corsi ai ripari offrendo all’Alliata un rinnovo del contratto, richiedendole contestualmente anche una revisione, ma spiegando di non aver “ottenuto alcuna risposta certa da parte dei suoi legali”. Alla fine non è rimasto dunque altro da fare che ritirare le traduzioni dell’Alliata dal commercio, mentre in pendenza di trattative era già stato comunque incaricato di intervenire sul testo un nuovo traduttore, Ottavio Fatica.

Diversa però la versione dei fatti fornita dall’Alliata attraverso questa lettera inviata alla pagina del gruppo FB Tolkieniani Italiani.

Ne riporto un passo essenziale per illustrare le questioni squisitamente legali che, in questa sede, sono appunto quelle che ci interessano:



Accertato che la mia versione, quella vilipesa dai revisionisti benché (o proprio perché) approvata dallo stesso Tolkien, continuava ad essere stampata e commercializzata da Bompiani-Giunti in totale disprezzo della legge sul diritto d’autore e delle minime regole di correttezza, essendone ormai scaduti i diritti da parecchi anni, diffidai l’editore a ritirarla immediatamente dagli scaffali.

La risposta di chi ha incassato ad oggi milioni dalla mia traduzione, senza aver speso nemmeno un euro, rivelava che era in corso una revisione del mio testo, di cui mi si sarebbe “dato conto nel dettaglio, se lo desideravo (sic!) una volta concluso il lavoro di revisione, a settembre”.



Se questi sono stati effettivamente i termini della questione presentati alla traduttrice, si tratta di nuovo di una grave violazione da parte di Bompiani. Se infatti continuare a vendere la traduzione scaduta costituisce una violazione dei diritti patrimoniali dell’Alliata, intervenire con una revisione sul suo testo originario, senza il suo permesso e notificandole eventualmente il risultato ex post, significa violare uno dei diritti morali dell’autore, e precisamente il cosiddetto diritto di modifica. In questo caso Bompiani avrebbe commesso, dal punto di vista giuridico,un’ulteriore, inammissibile leggerezza.



Interessante anche il dettaglio di due clausole contrattuali evidenziate dall’Alliata:



“[…] (Bompiani- NdR) condizionava il pagamento di quanto dovuto per legge (sia per l’illecito uso della mia opera che per la sua manipolazione da parte di terzi già attuata nella versione Ebook) a due clausole vessatorie: l’obbligo di una revisione del mio testo “sotto tutela”, nonché l’obbligo di sottoscrivere un rinnovo del contratto per 10 anni, che includesse e sanasse il passato, a una cifra annua di 880 Euro”.



La cifra forfettaria offerta è risibile. E’ vero che, per quanto riguarda le copie vendute illecitamente nel periodo in cui il contratto era scaduto, bisognerebbe sapere la percentuale della royalty originariamente pattuita e commisurarla alle copie vendute (e mi permetto di dubitare che, anche contemplando una royalty allo stra-minimo sindacale del 4% – che su un prezzo medio di 20 euro significherebbe 80 centesimi a copia – nel frattempo siano state vendute solo 1100 copie), ma bisogna tenere conto che in questa cifra sarebbe stata ricompresa la rinuncia alla richiesta di risarcimento del danno e un anticipo per il rinnovo dei diritti. Chiunque, agente o legale, che rappresentasse un traduttore in queste condizioni lo sconsiglierebbe di accettare una somma del genere e approfitterebbe della difficile posizione di Bompiani per negoziare ben altre cifre.

Quanto alla revisione “sotto tutela”, come la chiama la Alliata, di nuovo si tratta di una clausola che viola il diritto morale dell’autore e dunque bene ha fatto la traduttrice, dinanzi a una tale conditio sine qua non, a non rinnovare la licenza dei suoi diritti di traduzione. Peraltro va osservato che Bompiani non poteva comunque subordinare il pagamento dei diritti maturati dalle vendite operate dopo la scadenza del contratto ma, anzi, avrebbe dovuto ringraziare di non aver ricevuto una richiesta per danni da parte della traduttrice, atteso che, come spiegato sopra, si tratta di una violazione del suo diritto d’autore. Dal canto suo, l’Alliata avrebbe potuto bloccare l’ebook con la traduzione già interpolata e richiedere i danni anche per quello (ignoro se poi abbia effettivamente avanzato entrambe le richieste una volta fallite le trattative).



I profili giuridici della vicenda hanno visto poi il culmine dopo che, il 29 aprile 2018 è stata pubblicata su Repubblica un’intervista di Loredana Lipperini a Fatica, in cui, fra le altre cose, veniva chiesto al traduttore se le critiche alla traduzione dell’Alliata (critiche che peraltro non sono spuntate ora, ma che sono sempre state fatte sin dall’epoca in cui Quirino Principe, traduttore ed editor di Rusconi, prese in mano e intervenne sull’edizione di Ubaldini) fossero fondate. Una domanda legittima e spontanea per un intervistatore, e anche doverosa per un appassionato dell’Opera quale la Lipperini si dichiara. Peraltro, a 16 anni, puoi anche essere una linguista straordinaria per dote naturale, ma è un fatto che comunque difetti di mestiere, così come difetta di mestiere un autore alla prima pubblicizzatone rispetto a un best-sellerista. Tant’è che la versione uscita per Ubaldini vene rivista da Rusconi. La domanda, giornalisticamente, ha dunque perfettamente senso.

Il risultato è che l’Alliata ha querelato non solo Fatica per le critiche che le ha mosso (pur in mezzo agli elogi per essersi cimentata così giovane, con un’Opera così complessa che farebbe tremare i polsi anche al traduttore più navigato) ma, stando alle ricostruzioni giornalistiche, anche la Lipperini per aver posto la domanda.

A mio avviso, Fatica ha esercitato legittimamente il proprio diritto di critica. Una critica che, condivisibile o meno sia nel merito che nell’eleganza delle esternazioni (e questo ogni lettore ha il diritto di deciderlo per sé e comunque la Alliata avrebbe potuto controbattere nel merito punto per punto, come è suo diritto, mantenendo il dibattito sullo stretto merito), è comunque autorevole, visto che di mestiere non costruisce rubinetti, ma fa appunto il traduttore. E l’ha esercitata, almeno stando sempre a quanto si legge dalle dichiarazioni riportate sui giornali (perché io ovviamente non ho visionato l’atto di querela e la documentazione allegata), indirizzando le critiche sempre all’Opera e mai alla traduttrice e rispettando inoltre il principio della continenza, cioè senza usare quindi parole e modi offensivi. E’ chiaro che queste critiche non possano piacere alla destinataria, ma quando ci si pone sull’agone pubblico le critiche, fondate o meno, sono sempre inevitabili e fanno parte del ‘gioco’. Del resto, anche nella vita non si può piacere a tutti e anche Fatica, una volta ultimato il suo lavoro, troverà critiche feroci al suo operato. Come è giusto che sia, del resto, quando si tratta di un’opera di traduzione che non potrà mai avere “l’interpretazione autentica” fornita direttamente l’autore. Purtroppo Tolkien è morto da un pezzo e i traduttori possono rivendicare finché vogliono le loro posizioni (anche la Alliata che comunque con Tolkien ci ha dialogato), ma nessuno può avere la certezza sul fatto che Tolkien darebbe ragione all’uno o all’altra, quindi è assurdo continuare a tirare un fantasma per la giacchetta.

Per questi motivi ritengo la querela nei confronti di Fatica assolutamente infondata e a maggior ragione ritengo infondata quella nei confronti della Lipperini, che ha solamente posto una domanda.



Riassumendo, quali insegnamenti in materia contrattuale si possono trarre, al di là della spiacevole querelle che, a mio avviso, danneggia l’immagine di entrambi i traduttori e ha come unico risultato di far soffrire l’Opera?



Ve le riepilogo:



  1. un editore non può, a meno di essere stato autorizzato, continuare a vendere un’Opera, che si tratti di originale o traduzione, dopo la scadenza del contratto, perché ciò costituisce violazione dei diritti patrimoniali dell’autore/traduttore);
  2. un editore non può intervenire su un testo, a meno di esserne stato autorizzato (è ciò che per esempio accade con l’editing, anche se questo non deve essere invasivo e purtroppo invece accade spesso anche questo), perché ciò costituisce violazione di uno dei diritti morali dell’autore/traduttore.


Da qualunque parte della barricata vi troviate, vi conviene tenerlo bene a mente: se siete editori per evitarvi una causa per danni, se siete autori/traduttori per difendere i vostri sacrosanti diritti.

Quanto ai profili della querela, la commenteremo quando ne sapremo l’esito, per il momento è ancora tutto aleatorio e si tratterebbe di speculazione meramente teorica, nell’uno o nell’altro senso.





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