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Home » Case editrici » I 10 ‘PECCATI LEGALI’ DELLE CASE EDITRICI
martedì, 27 Giu 2017

I 10 ‘PECCATI LEGALI’ DELLE CASE EDITRICI

Post by on Case editrici, diritto d'autore, diritto informatico, editoria, privacy 8603 6

10Dal punto di vista della consapevolezza giuridica, purtroppo la situazione degli editori italiani è, nella maggioranza dei casi, drammatica, e non sto parlando solo degli editori neonati, o degli editori di piccole dimensioni, ma anche di medie o grosse case editrici presenti sul mercato da molti anni.

 

Ho cercato di compilare un decalogo basato sulle mancanze più evidenti che mi è capitato di rilevare in media, descrivendolo nel mio migliore tentativo di non-legalese, così che chiunque possa comprenderli agevolmente.

 

1. CONTRATTI FALLATI

Il contratto di edizione, ma anche quelli che disciplinano i rapporti con gli altri collaboratori della casa editrice (quali possono essere illustratori, traduttori, web content e/o social media manager, editor e correttori di bozze) è uno dei pilastri fondamentali che l’editore deve porre a sostegno della propria attività. Eppure non potete immaginare quanti contratti imprecisi, mal formulati o semplicemente sbagliati ci sono là fuori!

 

Si va dalla presenza di clausole illegittime (es. la penale che prevede il passaggio perpetuo dei diritti in capo all’editore qualora l’autore violi una data clausola!), alla mancanza clausole necessarie alla validità del contratto stesso, a contratti che lasciano scoperti aspetti importanti al cui verificarsi poi le parti non sanno come districarsi.

 

La ragione più comune di questi difetti è il fai-da-te: l’editore cerca contratti in Rete da copiaincollare, senza però essere in grado di discernere se il modello è già fallato in partenza. Se dunque si parte già da un riferimento che contiene errori o mancanze, il risultato non potrà mai essere, chiaramente, migliore di quello di partenza. Se a ciò si aggiunge che spesso i contratti delle major, che di solito sono i prescelti a causa dell’autorevolezza di queste ultime, risultano piuttosto lunghi, mentre i piccoli editori preferiscono alleggerirli, si finisce il più delle volte con l’eliminare parti che, a occhio inesperto, posso apparire superflue o ripetitive e che invece, dal punto di vista giuridico sono invece essenziali.

 

Quanto alle grosse CE, il problema delle falle nei loro contratti (e, credetemi, ci sono) non deriva dal copia-incolla ma dal fatto che in origine, probabilmente, glieli ha fatti un avvocato, solo che poi si sono scordati di farglielo aggiornare dopo un certo numero di anni o, peggio, l’hanno fatto aggiornare da qualche risorsa interna tipo l’ufficio diritti che, per quanto avvezzo a una quota di legalese per il fatto di vivere gli scambi di diritti ogni giorno, non potrà comunque avere mai né la stessa preparazione di un legale, né tantomeno essere aggiornata sulle evoluzioni della disciplina.

 

2. HOMEPAGE DEL SITO NON A NORMA

Nove volte su dieci, nella homepage degli editori mancano le diciture essenziali nel footer.

Spesso non c’è la privacy policy, spessissimo la cookie policy è incompleta e pertanto non è a norma è a tal proposito ricordo che la legge le sanziona:

 

Si ricorda che per il caso di omessa informativa o di informativa inidonea, ossia che non presenti gli elementi indicati, oltre che nelle previsioni di cui all’art. 13 del Codice, nel presente provvedimento, è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da seimila a trentaseimila euro (art. 161 del Codice).

 

Oppure queste ultime sono presenti e intrinsecamente a norma, ma il link per raggiungerle non è visibile nel footer da ogni pagina web.

 

O infine, il banner della cookie policy non estesa non rispetta i requisiti grafici di legge (i creatori di siti web sono spesso molto creativi a livello estetico ma non si rendono conto, così facendo, di omettere o modificare dei requisiti essenziali).

 

Le multe riconducibili a ciascuna violazione vanno da poche centinaia di euro a decine di migliaia. E con la nuova regolamentazione comunitaria sulla privacy, già in vigore ma pienamente applicabile solo a partire dal 25 maggio 2018, alcune violazioni relative al trattamento dati  leviteranno fino a decine di migliaia di euro o (ennesima follia dell’UE fra le tante), addirittura a milioni di euro.

 

3. E-COMMERCE NON A NORMA

Sorvolando sul fatto che, ancora nel 2017, ci sono grossi marchi totalmente privi di e-commerce, le falle più i comuni qui sono l’assenza delle informative richieste dalla legge prima che l’utente proceda all’acquisto e la presenza di schermate di acquisto e/o di email riepilogativa incomplete sotto il profilo dei requisiti di legge.

 

Qualche volta capita anche che il contratto di vendita non soddisfi alcuni dei requisiti richiesti dal Codice del Consumo, o addirittura ne violi alcune previsioni.

 

Anche qui la ragione principale va ricondotta al fatto che chi si improvvisa nel commercio elettronico copia il modello di chi è già presente sul mercato. E il problema è che, in questo settore, talvolta modelli famosi e insospettabili come quelli di alcune multinazionali non sono affatto una garanzia. Mi é capitato infatti di notare falle anche nell’ecommerce di alcuni colossi, per quanto incredibile possa sembrare (a me per prima), visto che di certo non gli mancheranno i soldi per pagarsi gli avvocati. Eppure…

 

Oltre alle sanzioni, le conseguenze di un ecommerce non a norma possono originare tutta una serie di contestazioni risarcibili che espongono l’azienda davvero a grossi rischi.

 

4. NEWSLETTER NON A NORMA

Le falle più frequenti qui sono la mancanza delle corrette diciture a piè pagina, la mancanza di rimandi alle informative e, infine, l’impossibilità di disiscriversi automaticamente.

 

Si tratta fra l’altro di problemi che affliggono non solo le newsletter degli editori, ma anche quelle di molte librerie.

 

Quanto all’acquisizione dei nominativi cui indirizzare tali comunicazioni, anche qui esiste una casistica impressionante di irregolarità, con la conseguenza che l’invio di questi documenti si configura come puro spamming suscettibile di essere segnalato al Garante privacy. Spesso, infatti, ci si trova iscritti in automatico solo perché si è interagito su un social con l’editore in questione, ma non è raro ricevere newsletter anche da editori mai sentiti nominare, che evidentemente sono andati a pesca di indirizzi sui suddetti social o, peggio, hanno comprato da qualche parte banche dati assemblate senza le necessarie autorizzazioni.

 

5. MANCANZA DELLA NECESSARIA PUNTUALITA NELLA RENDICONTAZIONE DELLE ROYALTY E/O NEI RELATIVI PAGAMENTI

A parte la totale mancanza di etica da parte dell’editore che agisca in questo modo, cosa che si ripercuote poi sulla sua reputazione che, in ultima battuta, e il suo asset più importante (e se non se ne rende conto è solo un cialtrone che dovrebbe farsi una buona base di marketing prima di mettersi a contrattare un solo spillo), questo li rende inadempienti e, perciò, passibili di risoluzione contrattuale e di risarcimento del danno.

 

Alcuni editori di questo tipo contano sul fatto che spesso le royalty ammontano a poche decine o a poche centinaia di euro, ragion per cui sono relativamente sicuri che l’autore non solo non li porterà in giudizio, ma non arriverà neppure a consultare un avvocato, perché entrambe le azioni sarebbero antieconomiche. Sfortunatamente per loro, gli autori stanno diventando più aggressivi in tal senso e l’avvocato viene consultato oggi più spesso che in passato, non solo perché gli autori hanno capito che il legale non morde e quindi si azzardano sempre più frequentemente a chiedere un semplice preventivo prima di rinunciare a far valere i propri diritti, ma anche perché, a volte, il danno risarcibile potrebbe essere quantificato in misura molto maggiore delle effettive royalty non pagate.

E infine, perché ci sono legali diabolici come me che, comprendendone il dilemma, cerco di agevolarli.   😀 8)

 

6. MODIFICHE NON AUTORIZZATE/CONCORDATE CON GLI AUTORI E PREGIUDIZIEVOLI PER QUESTI ULTIMI

Premesso che molti contratti di edizione prevedono espressamente che tali modifiche siano approvate per iscritto, e dunque, violando questa previsione si ricade in un possibile inadempimento passibile di risarcimento, spesso accade che l’autore (o qualsiasi dei collaboratori già citati al punto 1) , basandosi sulla fiducia, concorda verbalmente un dato anticipo e/o delle royalty secondo una data percentuale e inizia a lavorare al volume confidando che tutto sia a posto. Tuttavia, quando poi arriva il contratto nero su bianco, spesso il lavoro è in fase già molto avanzata o è stato addirittura già consegnato, l’autore trova scritte cifre diverse da quelle pattuite oralmente. A quel punto, nove volte su dieci l’autore cede perché, appunto il lavoro è ormai fatto e a volte e stata persino avviata una campagna promozionale prepubblicazione, talché impuntarsi e rischiare di mandare tutto a monte diventa una prospettiva poco appetibile.

 

Anche qui è innegabile la mancanza di etica dell’editore che di avvalga di questi mezzucci e l’unica consolazione, di nuovo, è il fatto che tali episodi diventano comunque un boomerang perché l’editoria è un settore ristretto e, come diceva lo scrittore ed ex comico Giorgio Faletti nella gag di Carlino, “il paese è piccolo e la gente mmmormora!”.

 

O c’è davvero qualche editore che, nell’era dei gruppi tematici sui social media e dei social media che aggregano ciascuna figura della filiera, pensa davvero che le notizie non corrano a velocità di curvatura? E no, agitare lo spauracchio della diffamazione non serve perché se la comunicazione è fatta rispettando certi precisi criteri, la diffamazione semplicemente non si configura.

 

7. VIOLAZIONE DELL ALTRUI DIRITTO DI AUTORE

Gli episodi più comuni non riguardano il plagio del testo o l’uso non autorizzato di quest’ultimo o di parti di esso (queste sono, piuttosto, violazioni tipiche degli autori, non per niente qualsiasi editore chiede nel contratto garanzia e manleva sul punto), quanto l’uso disinvolto di immagini per le copertine dei libri.

 

E’ accaduto infatti a più di un illustratore o fotografo  di postare le proprie opere sul web e di vedersele riprodotte in libreria sul frontespizio di un volume senza che lui ne sapesse alcunché.

E’ capitato anche che qualche editore, evidentemente convinto di poter trapiantare in questo modo il fair use di un testo nel campo dell’immagine, abbia ripreso per la propria copertina solamente un dettaglio dell’opera figurativa concupita ma, purtroppo per lui, che si tratti di dettaglio o di immagine completa, la violazione non cambia e le conseguenze legali nemmeno. Né cambierebbe se l’immagine venisse rielaborata, poiché comunque anche la rielaborazione creativa non implica che i diritti dell’artista usato come base possano essere aggirati. Anche per un lavoro di questo tipo va richiesta dunque l’autorizzazione e, di solito, riconosciuta una somma all’illustratore o fotografo, a meno che questi ultimi siano talmente lusingati di lavorare con quell’editore o per quell’opera da essere disposti a rinunciare a detta somma (e quante volte credete che possa succedere?).

 

8. MANCANZA DI REGOLAMENTAZIONE DEI RAPPORTI CON TERZE FIGURE DELLA FILIERA

Mi riferisco qui ai locali che ospitano eventi librari e alle librerie.

 

Per quanto riguarda i primi, troppo spesso non vengono disciplinati per iscritto i rispettivi diritti e doveri, col risultato che si possono verificare non solo spiacevoli malintesi, ma anche rimpalli di responsabilità qualora, nel corso dell’evento, si dovessero verificare problemi causati da terzi intervenuti.

 

Per quanto riguarda le librerie, oltre al problema di una minima disciplina del rapporto, troppo spesso gestita di volta in volta semplicemente al telefono, c’è il problema della mancanza di monitoraggio periodico dei rendiconti e della richiesta dei relativi saldi. Questo non solo provoca situazioni di morosità diffusa, ma comporta anche il pericolo che le librerie, nel frattempo, falliscano o chiudano e spariscano nel nulla, oppure che i titolari riciclino il business con modalità lecite ma che, di fatto, finiscono pregiudicare i diritti dei creditori (e spesso l’intento reale è proprio questo).

 

9. TRATTARE I CONTRATTI DI EBOOK COME SE FOSSERO EQUIVALENTI A QUELLI CARTACEI

Per via della particolare natura dell’ebook, non tutte le normali previsioni di un contratto di edizione sono applicabili e non tenere presente questa differenza può dare adito  a situazioni foriere di risvolti legali spiacevoli.

 

10. PRESENZA SUI SOCIAL MEDIA SENZA LE NECESSARIE PRECAUZIONI

Oltre al fatto che il 99,99% di tutti i profili aziendali (e qui includo tutti gli imprenditori, non solo quelli che operano nella filiera editoriale) sono privi delle indicazioni richieste dalla legge, il problema più grosso e costituito dalla loro gestione.

 

Non è raro infatti, imbattersi in litigi e polemiche con gli utenti o, peggio, coi propri autori, traduttori e illustratori, che non solo finiscono per compromettere la buona reputazione della casa editrice, ma possono anche integrare il reato di diffamazione, oppure possono incorrere, di nuovo, nelle violazioni dei diritti di terzi, da quelli relativi alla proprietà intellettuale a quelli sulla privacy e la riservatezza contrattuale.

 

Come si può vedere, dunque, le problematiche sono numerose e spesso sottovalutate o addirittura non percepite dalle case editrici.

Spero pertanto che questa carrellata possa contribuire ad aumentare un po’ la consapevolezza e il senso di responsabilità degli interessati.

 

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