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Home » Case editrici » DISTRIBUTORE SI O DISTRIBUTORE NO?
domenica, 15 Feb 2015

DISTRIBUTORE SI O DISTRIBUTORE NO?

Post by on Case editrici 4241 0

La distribuzione in libreria è un tema scottante per qualsiasi piccolo editore.

Se quest’ultimo opta per un intermediario, si vede infatti ‘mangiare’, fra  la percentuale trattenuta da quest’ultimo e quella trattenuta dalla libreria, un buon 60% dei guadagni. A cui vanno aggiunte le spese di carta e stampa e la corresponsione della royalty (pur piccola che sia) all’autore. E tutto questo senza parlare dei costi fissi di gestione dell’attività editoriale. Il ricavo, dunque, diventa davvero esiguo (ma più spesso, visto il Paese di illetterati che siamo, si va in pari o, addirittura, in perdita).

A questo si aggiunga inoltre la politica dei cosiddetti supersconti che il distributore impone per contratto all’editore, una tantum, per riuscire a essere competitvo rispetto agli altri. Si aggiunga infine che, a prescindere dai ricavi, un editore che voglia un distributore, locale o nazionale, deve garantire un tot di uscite in un anno e si capisce bene che, se i libri dell’anno precedente sono andati in pari o in perdita, diventa sempre più difficile stanziare risorse per nuovi titoli.

A questo punto non sarebbe meglio una distribuzione gestita direttamente dal piccolo editore, trattenendo così una bella fetta dei ricavi? E’ una domanda interessante emersa recentemente in una discussione su Linkedin e riassumo qui le ragioni della posizione negativa che, personalmente, ho espresso in quella sede.

Gestire direttamente le librerie significa porre sulle spalle della piccola casa editrice un ulteriore, massiccio carico di lavoro: si tratta di cercare le librerie sul territorio, contattarle, presentarsi, avviare la collaborazione, presentare periodicamente le novità, gestire le forniture e i resi, tenere la contabilità per ciascuna libreria… Se si pensa che, in Italia, nella gran parte dei casi le piccole editrici è gestita da una o al massimo due persone e che l’attività è di solito secondaria rispetto a un impiego primario in grado di ‘mettere in tavola la minestra’ (cosa che l’attività editoriale riesce a fare ben raramente e spesso solo perché coadiuvata da attività seminariale), ci si rende subito conto di cosa può significare un tale carico  accanto alla consueta selezione dei manoscritti, all’editing, alla promozione, ai contatti con gli autori, gli agenti, gli editori esteri, la gestione delle fiere di settore e, in generale, ai compiti amministrativi che sono già lavoro precipuo dell’editore.

In secondo luogo, la singola casa editrice non ha la forza di contrattazione che ha il distribuitore con le librerie, nè la sua capacità di penetrazione capillare.
In terzo luogo, il distributore fa spessissimo da cuscinetto nella spinosa questione del recupero crediti, non solo in virtù del rapporto interpersonale che crea, ma anche perché un conto è, per una libreria morosa, inimicarsi una singola casa editrice, un altro conto è inimicarsi un distributore che ha in gestione più cataloghi. Oltretutto, questo è un servizio per così dire ‘aggiunto’ che il distributore svolge, mentre se la casa editrice gestisse da sola le librerie dovrebbe andare da un avvocato per cercare di recuperare il credito e, per quanto l’avvocato comprenda la situazione e la poca disponibilità economica della casa editrice cercando venirle incontro il più possibile , di certo non può svolgere il recupero gratuitamente o a eventuale esito raggiunto.

Poi a volte non riesce a recuperare il credito nemmeno il distributore, e allora il ricorso all’avvocato diventa obbligato, ma ritengo – e lo affermo contro il mio interesse 😀 – senza il distributore il contenzioso legale aumenterebbe.

Inoltre il distributore, recandosi periodicamente presso le librerie, ha un polso della situazione che, a distanza, sarebbe difficile avere. Con la conseguenza che esso è in grado di avvisare tempestivamente l’editore nei casi di liquidazione o di fallimento, permettendo a quest’ultimo di intervenire prima che la situazione sia degenerata.

Per questi motivi vedo il distributore come un ‘male necessario’ (nel senso dispendiosità). Ciò non toglie che, negli ultimi tempi, ci sia stata una quota di editori in fuga dal proprio distributore, proprio a causa della sopravvenuta insostenibilità economica. E questo ha provocato inquietudine in una categoria che, nella filiera, è sempre stata fra quelle a minor rischio.

A mio avviso, per arginare queste fughe, i distributori dovrebbero comprendere che non è possibile praticare con una piccola casa editrice le stesse modalità di gestione che vengono applicate a una grande. ‘Differenziare’ a seconda della ‘taglia’ mi sembra la parola d’ordine indispensabile, ormai, di fronte alla situazione attuale, in cui la crisi economica mette il ‘carico da undici’ rispetto al problema già cronico della scarsità di lettori.

Foto: Tham Yuan Yuan/Pixabay

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