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Home » editoria » BOOKABOOK NON E’ LA SOLUZIONE
lunedì, 05 Mag 2014

BOOKABOOK NON E’ LA SOLUZIONE

Post by on editoria 10373 2

BookabookIn generale, sono un po’ scettica sul crowdfunding, almeno in Italia. Quanto all’usarlo per finanziare la pubblicazione dei libri, già qualcuno ci aveva provato sui siti generici. Ora qualcun altro propone una piattaforma di crowdfunding specificamente dedicata ai libri: Bookabook.

 

Di certo non un’iniziativa dannosa, per carità. Tuttavia non vedo come questa possa diventare la soluzione per la crisi del settore e se lo scopo è solo quello di abbattere i costi di produzione, potrà tamponare forse qualche criticità, ma non scioglie il nodo centrale, che in Italia è la mancanza di lettori. Una mancanza cronica, ma acuitasi ancor più negli ultimi decenni anche grazie al fatto che lo Stato non ha più investito in scuola e cultura e finché non riprenderà a farlo, e si spera lo faccia meglio di come l’ha fatto anche quando lo faceva, la situazione non cambierà. Forse l’avvento degli ebook, rendendo i libri più economici, porterà qualche tentativo di lettura in più. E potranno farlo anche soluzioni economiche per il cartaceo come questa.  Ma a mio avviso  il problema è davvero strutturale: la maggioranza della gente non considera la lettura un’attività piacevole. Sospetto che in questo giochi anche buona parte il trauma subito alla scuole medie, dove ci si ritrovava con l’obbligo di legge mattonate terrificanti come I Malavoglia a un’età in cui già Il diario di Anna Frank, senz’altro più indicato, è per alcuni una lettura impegnativa.

 

Dunque,  finché non tornerà qualche soldo nella scuola e finché l’atteggiamento dei professori sarà quello di ammannire ai dodicenni pizze indigeribili (che spesso risultano tali anche se si è adulti,  I Malavoglia l’ho letto altre due volte e mi è sempre servito l’Alka Seltzer) solo perché considerati capolavori della letteratura, la situazione non cambierà e l’editoria continuerà solo a tirare  a campare. Senza  tenere conto, fra l’altro, che il concetto di capolavoro subisce modifiche col tempo, col contesto ed è comunque soggetto al gusto personale (all’interno di una stessa produzione, per Tizio il capolavoro di Caio può essere X e per Sempronio Y). Ben diverso è il classico, cioè il libro che, oggettivamente,  parla di temi universali ed è quindi un ‘sempreverde’, a prescindere dal gusto soggettivo. Ma le due cose, erroneamente, vengono spesso identificate. Nella fattispecie, io contesto che I Malavoglia possa considerarsi un classico, perché è legato a una concezione di religione e di società ormai ampiamente superate, mentre Il Diario di Anna Frank lo è innegabilmente.

Ho divagato un attimo ma torno sul binario… Ci sono poi altre due osservazioni da fare nei riguardi di Bookabook:

 

  1. Se il crowdfunding non è in grado di generare nuovi lettori, da un lato questa piattaforma diventerà una mera alternativa all’autopubblicazione, solamente un po’ più social, visto che anziché essere solo l’autore a decidere di pubblicare l’opera, sarà invece un gruppo.  E considerata la mole immane di aspiranti autori italiani, alla fine sarà una goccia nel mare. Avranno gioco solo i libri che coglieranno per primi la ‘novità’, ma quando arriverà l’onda grossa, la momentanea visibilità si spegnerà subito e temo che anche i finanziatori si stuferanno presto, specialmente in un periodo in cui i soldi non abbondano nelle tasche della gente.

 

Né mi sembra che il precedente esempio anglosassone di meritocrazia a furor di popolo (ma senza la parte finanziatrice), effettuato da alcuni colossi editoriali almeno due o tre di anni orsono, abbia sortito chissà quali effetti… Oltretutto, il fatto che un libro sia finanziato dai lettori non è  comunque garanzia di successo presso il resto del pubblico e quindi mi chiedo il senso di tutta l’operazione.

 

  1. Stando a quello che scrive il Fatto Quotidiano, Bookabook mira anche a costruire una comunità di lettori-influenzatori, ma anche qui esistono già molti casi, più o meno di successo, di social network dedicate ai libri. Solo in Italia c’è la storicaAnobii, c’è Wuz, c’è Zazie, c’è Bookerang  e almeno un altro paio il cui nome, però,  al momento mi sfugge e chiedo venia.

 

Dunque torno a domandarmi il senso dell’operazione Bookabook, a cui comunque riconosco il merito di voler provare a fare editoria in Italia, il che è già di per sé sforzo eroico che merita i migliori auguri di successo.

 

Se qualche lettore ha una visione meno cinica, sarò felice di leggerla nei commenti a questo post. Io purtroppo non riesco a vederla in termini rosei, nemmeno se mi minacciate sventolandomi davanti una copia degli odiosi Malavoglia.

 

 

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